Storia di Varese

Antichità a Varese

Le prime tracce di un insediamento abitativo ritrovate sul territorio risalgono alla preistoria, infatti i numerosi reperti esposti nel museo di Villa Mirabello e i ritrovamenti di insediamenti palafitticoli sull’isolino Virginia dimostrano che il territorio era abitato già nel 3000 a.C.. Su questo isolotto al largo di Biandronno nel 1863 l’abate Stoppani con due archeologi svizzeri rinvennero infatti dei resti palafitticoli. Successive ricerche portarono al ritrovamento sul lago di un’altra decina di insediamenti sparsi tra gli attuali comuni di Bardello, Cazzago Brabbia e Bodio Lomnago, datati tra il neolitico inferiore e la prima età del ferro. Tuttavia non si hanno notizie precise del borgo fino allo sviluppo della cultura di Golasecca, estesa a tutta l’area lombarda-piemontese, e la cui evoluzione sarebbe continuata ben oltre la fondazione dell’Impero Romano. Le importanti vie di comunicazione utilizzate soprattutto da mercanti e militari che collegavano Milano con l’attuale Svizzera attraverso la Valganna, Ponte Tresa e il Canton Ticino, avrebbero presto accentuato l’importanza di Varese come luogo di transito.

Medioevo a Varese

Nell’Alto Medioevo Varese partecipò alle vicende storiche del Seprio e alle lotte intestine tra Como e Milano, i cui rapporti risalivano al 1045 con l’elezione ad arcivescovo del varesino Guido da Velate e all’alleanza che avrebbe determinato la sconfitta di Federico Barbarossa nel 1176. Con al caduta di Castelseprio nel 1287 e l’ascesa dei Visconti il legame di Varese con Milano diventò ancora più stretto e duraturo. Investita nell’XI secolo dalla costruzione di numerosi presìdi difensivi – ancora oggi in parte esistenti – destinati a controllare l’accesso in Pianura Padana da settentrione, nel corso del Trecento Varese si dotò dei primi statuti che avrebbero regolato la vita cittadina, fondata su una sostanziale e privilegiata autonomia di governo che durò, tranne rare eccezioni, fino alla seconda metà del Settecento. Dopo i disordini scoppiati con la morte di Gian Galeazzo Visconti, nel 1407 il condottiero Facino Cane, conte di Biandrate si proclamò signore di Varese, usurpando quei privilegi che sarebbero stati restituiti al borgo tre anni dopo da Giovanni Maria Visconti. Il successivo periodo sforzesco assicurò a Varese un certo sviluppo economico, con il potenziamento del locale mercato, scelto come sede di un’importante fiera per la vendita di cavalli provenienti da oltralpe. Con la successiva invasione di mercenari svizzeri, l’inizio della dominazione spagnola e lo scoppio di numerose epidemie, la località scivolò in un’epoca di decadenza, da cui si sarebbe ripresa solo con il passaggio al nuovo secolo.

Età moderna a Varese

L’avvento di Carlo Borromeo ad arcivescovo di Milano segnò per Varese un’importante stagione di rinnovamento politico e culturale. La sua visita nel 1567 contribuì infatti a modificarne l’istituzione ecclesiastica, dando nuovo vigore al monastero di Santa Maria del Monte, che da là a poco avrebbe visto aprirsi una delle più importanti imprese artistiche della Lombardia. La fabbrica, che prevedeva la realizzazione di una via Sacra per raggiungere il santuario, ebbe inizio quando Padre Giovanni Battista Aguggiari riuscì a raccogliere la somma di 1 milione di lire imperiali, coinvolgendo anche alcune nobili famiglie milanesi. La realizzazione dell’opera, iniziata nel 1604 e conclusa nella forma attuale nel 1698, vide la partecipazione di celebri artisti quali il Morazzone e il Cerano sotto la direzione iniziale dell’architetto Giuseppe Bernascone. L’impresa, che trasformò Varese in un autentico baluardo del cattolicesimo contro la minaccia protestante, venne condotta attraverso le crisi epidemiche d’inizio Seicento, la più grave delle quali – registrata nel 1628 – procurò forti carestie e numerosi decessi per peste. Nella seconda metà del secolo la situazione politica si stabilizzò e, nel Settecento, furono anche fissati i confini con la Svizzera (Congresso di Varese, 1752), che anticiparono l’elevazione del borgo a capoluogo dell’omonima provincia appena cinque anni dopo. Nel 1765 Maria Teresa concesse Varese in feudo personale a Francesco III d’Este, Duca di Modena e Signore di Varese. Fu quello un periodo particolarmente felice e prospero, anche dal punto di vista culturale. Sorsero nuovi conventi, alcuni grandiosi come quello dei Cappuccini e dei Carmelitani Scalzi, delle Monache di Sant’Antonino; nuove confraternite costituirono i loro oratori e maturò quel “periodo d’oro” della villeggiatura varesina, sviluppatosi soprattutto nell’Ottocento e fino alla prima guerra mondiale. Passata la Lombardia alle dipendenze austriache, Varese divenne residenza di un Intendente e designata capoluogo di una delle sei provincie in cui era stata suddivisa la Lombardia nel 1786: il territorio comprendeva infatti gli attuali Circondari di Como e Gallarate. Nel 1797 la città divenne capoluogo dell’effimero dipartimento del Verbano, per poi essere inclusa nel dipartimento dell’Olona e nel 1802 ridotta a Viceprefettura del dipartimento del Lario con capoluogo Como.

Età contemporanea a Varese

Tramontata la potenza napoleonica e ripristinato l’Ancien regime dopo gli sconvolgimenti francesi, nel 1816 il borgo fu elevato al rango di città – con le sue prerogative politiche e amministrative – dall’imperatore Ferdinando I d’Austria, che ne decretò tuttavia l’annessione alla provincia di Como, riducendola così ad uno dei tanti Commissariati distrettuali in cui l’amministrazione austriaca aveva suddiviso la Lombardia. Prima della definitiva cacciata degli Austriaci con la vittoriosa battaglia di Magenta del 4 giugno 1859, Varese visse il suo momento di gloria il 26 maggio 1859, in cui Garibaldi e i garibaldini prevalsero sulle truppe del generale Karl von Urban. Varese fu la prima città italiana a chiedere, per plebiscito, l’annessione al Regno di Sardegna, entrando a far parte del Regno d’Italia nel 1861. L’Unità nazionale costituì per la città il trampolino di lancio del suo sviluppo economico e sociale che, protrattosi fino alla prima guerra mondiale, avrebbe investito l’industria cartiera, conciaria, calzaturiera, meccanica ed aeronautica. Una tale diffusa crescita determinò non solo un notevole benessere tra la popolazione, ma anche un ordinato sviluppo urbanistico, che valse a Varese il titolo di città giardino. La realizzazione di almeno un centinaio di grandi ville con parco, cui si aggiunsero lussuosi alberghi in stile liberty – progettati tra gli altri dall’architetto milanese Giuseppe Sommaruga – accentuarono l’interesse turistico di Varese nei primi anni del Novecento.Con l’avvento al governo d’Italia del partito fascista, nel 1927 Mussolini elevò Varese a capoluogo del nuovo ente provinciale, scindendo così il legame con la città di Como. Varese e il suo territorio furono oggetto di importanti e significative azioni partigiane, in particolare negli anni della Repubblica Sociale Italiana, allorchè la città e il suo territorio caddero in mano alle rinate truppe nazifasciste. La fallita, ma pur importante azione partigiana del gruppo “Regio Esercito Italiano-Gruppo 5 giornate” del colonnello dei bersaglieri Carlo Croce, segnò l’inizio di una rapida quanto brutale repressione contro antifascisti, disertori ed ebrei. Questi ultimi, affluendo dai principali centri d’Italia, diretti in Svizzera – quando non catturati in territorio italiano o vittime di ingiustificati respingimenti – beneficiarono talvolta di aiuti dalle popolazioni locali. Un ruolo decisivo per la loro salvezza lo giocò a Varese Calogero Marrone, capo ufficio anagrafe del comune, oggi giusto fra le nazioni che, mettendo a rischio la propria vita, falsificò decine di documenti, permettendo così una più agevole via di fuga per molti di loro.
Al termine della Seconda guerra mondiale la città e il suo territorio andarono progressivamente espandendosi, sulla spinta di quello sviluppo economico-sociale che, causa di importanti e controverse trasformazioni urbanistiche già negli anni Trenta – come la creazione della centrale Piazza Monte Grappa su progetto di Vittorio Ballio Morpurgo – determinò una forte crescita industriale accompagnata da un parallelo incremento demografico.

Simboli di Varese

Lo Stemma Comunale di Varese raffigura uno “scudo sannitico troncato nel primo di rosso al palo d’argento, nel secondo d’argento; sormontato da corona marchionale (a cinque fioroni e quattro palle) e da cimiero costituito da figura nascente di guerriero (San Vittore, patrono della Città) portante nella destra una bandiera di bianco caricata con croce di rosso sventolante a sinistra e nella sinistra la palma del martirio”.
Lo stemma del Comune di Varese risale circa al 1347. Sulla copertina in legno della duplice copia degli Statuti Burgi et Castellatiae de Varisio conservati presso l’Archivio comunale si trova raffigurato il più antico esempio di stemma civico: “scudo sannitico d’argento a due cantoni di rosso, destro e sinistro in capo; tutto intorno chiuso da una fascia nera”. Non ha corona l’effigie di San Vittore. È verosimilmente nel secolo XVI è come ritiene lo storico varesino Luigi Borri nel suo lavoro “Documenti Varesini” del 1891 è che lo scudo viene sormontato dalla corona marchionale e dall’effigie di San Vittore, patrono della città di Varese.